Luca Calzolari

Comunità vive

Un conto è vivere la montagna, tutt’altra cosa è vivere in montagna. La differenza non è solo grammaticale. Non si tratta di scegliere tra un articolo determinativo o una preposizione semplice. Qua di determinato o di semplice non c’è proprio niente. La complessità dell’ecosistema sociale, economico e ambientale delle aree interne non può essere ridotto in percorsi universali, buoni per qualsiasi luogo e in qualsiasi contesto. Tutti elementi da tener presente quando ci si presentano nuove opportunità di sviluppo. La progettazione, la gestione delle risorse e la visione del futuro devono (e possono) coesistere. Un esempio concreto di come si possa passare dal globale al locale, declinando sui territori investimenti mirati per progetti specifici, ce lo siamo trovati di fronte nelle ultime settimane. È il caso delle Green Community, di cui forse avrete già letto o sentito parlare (istituite dalla legge 28 dicembre 2015 n. 221 che, all’art. 72, “promuove la predisposizione della strategia nazionale delle Green Community”. Del resto erano già previste dalla legge di stabilità del 2016; ne è passato di tempo da allora). Ma che cosa sono esattamente? Le Green Community sono comunità locali coordinate e associate tra loro che vogliono realizzare insieme piani di sviluppo sostenibili dal punto di vista energetico, ambientale, economico e sociale. Detto così è un po’ freddo. Dietro a questa definizione c’è una visione che apre un percorso di comunità in cui la montagna gioca un ruolo importante. Sono inoltre uno strumento per contrastare lo spopolamento e mettere in pratica azioni di sviluppo sostenibile. Nel Position Paper 2022 “Le aree interne e la montagna per lo sviluppo sostenibile” di ASviS è scritto che le Green Community potranno “svolgere un ruolo importante nel sollecitare una partecipazione alle decisioni da parte della popolazione in questo ambito di attività umane e produttive”. Insomma, gli elementi chiave ci sono tutti. Quello che abbiamo  di fronte è un percorso fondamentale e strategico che grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) finalmente si traduce in 135 milioni di euro di finanziamenti destinati a 30 aree montane. Sei anni dopo la legge di stabilità, quindi, questa è l’occasione di toccare con mano la concretezza di questa strategia che ora s’inserisce nel percorso della transizione ecologica. L’effettiva consistenza di tale progettualità la si può già misurare sui primi tre progetti pilota già finanziati con 6 milioni di euro: La montagna del latte (Unione montana dell’Appennino reggiano, Emilia-Romagna), Terre del Monviso (Piemonte) e Parco regionale Sirente Velino (Abruzzo). Ognuno di questi progetti, com’è giusto che sia, è stato pensato e calibrato sul territorio in cui sarà sviluppato, tenendo conto delle specificità e delle caratteristiche che rendono ogni luogo un luogo speciale. Un concetto che ha voluto sottolineare anche Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna: «Non si tratta di risorse distribuite a pioggia, ma solo su progetti particolari. Il fondo per la montagna sarà così quintuplicato rispetto agli anni precedenti». Bene hanno fatto i capofila dei primi tre progetti pilota, che hanno messo al centro delle loro azioni la mobilità, il turismo sostenibile e l’agroalimentare (La montagna del latte); l’housing sociale, l’abitabilità permanente e la riqualificazione energetica degli edifici (Terre del Monviso); la valorizzazione del patrimonio agro-forestale, la gestione delle risorse naturali e un nuovo distretto turistico (Parco Regionale Sirente Velino). Questi percorsi progettuali sono tutti riconducibili alla bio-economia e allo sfruttamento delle risorse naturali: sostenibilità, efficientamento energetico e rinnovabili sono i tre punti cardine. Bene così. Tutti elementi essenziali e indispensabili, ma sappiamo bene che in montagna c’è molto più di tutto questo. Ci sono le persone che lì vivono, con le loro storie, le loro tradizioni, le loro difficoltà, i loro bisogni e le loro aspettative di futuro, e che devono essere al centro del presente e del futuro della montagna.

Peak & Tip, Montagne360 maggio 2022

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