Luca Calzolari

Fa talmente caldo che nevica (molto)

La neve d’inverno, che meraviglia! Davanti alle montagne imbiancate proviamo felicità, una gioia che a volte è sconfinata. E ci sembra di ritrovare il senso delle stagioni. Ma quando la neve caduta è davvero tanta allora non è tutto oro quel che luccica. O, meglio, non è solo neve quella che brilla al sole. Il perché ve lo dico subito in premessa, senza il timore di spoilerare: nei fenomeni meteorologici estremi non c’è (quasi) niente di normale e ogni esultanza di un ritorno stabile al caro vecchio inverno è malriposta. Dopo le nevicate record dell’8 dicembre scorso (dalle Dolomiti alle Alpi Orientali) a essere sommerso da più di due metri di neve è stato l’Appennino Tosco-Emiliano, che non vedeva così tanta neve a inizio inverno da molti anni, dal 2009 o forse addirittura dal rigidissimo 1985. Poi la neve, tanta, a gennaio ha continuato a ricoprire le montagne italiane. Qualcuno ha subito pensato: “Ah, ma allora dov’è finito il famoso riscaldamento globale?” La risposta è sotto gli occhi di tutti: fa talmente caldo che (quando) nevica lo fa molto intensamente. Non lo dico io, lo dice la scienza. Per questa ragione ho chiesto conferma a Federico Grazzini, fisico meteorologo, capo previsore presso il Servizio idro-meteo-clima di Arpae. Tanta neve non significa affatto che sia più freddo del normale, ma piuttosto che nell’atmosfera c’è molto vapore acqueo, e se ci sono le giuste condizioni affinché si condensi, ecco che ricade a terra come pioggia o neve (se la temperatura nella colonna d’aria soprastante si mantiene sotto o intorno allo zero). Qualcosa di simile è già successo anche con il Nevone del 2012 quando a febbraio, dopo un inizio inverno molto secco e tiepido, sull’Appennino Romagnolo caddero fino a tre metri di neve, ma dopo due settimane di maltempo ininterrotto l’inverno finì e a marzo, con il ritorno di temperature molto più alte del normale, la neve sparì in fretta. Non bisogna pertanto confondere il fatto che nevichi molto con il ritorno di inverni lunghi e rigidi, con un manto nevoso che rimane stabile per molti mesi. Il pur nevosissimo dicembre 2020 è risultato sull’Italia, secondo il CNR-ISAC, più caldo della media di oltre +1°C. Novembre non è stato da meno, possiamo quindi ricordare le temperature miti che si sono prolungate fino a quando, con la rapidità di una porta chiusa dal vento, ci siamo ritrovati sotto la neve. Ebbene, secondo i rilevamenti del servizio europeo Copernicus, a livello mondiale l’ultimo dicembre è stato il sesto più caldo, mentre il mese precedente è stato il novembre più caldo dall’inizio delle registrazioni. Questo è stato anche l’autunno più caldo di sempre in Europa. Primati che anno dopo anno vengono sbriciolati e che arrivano al termine di un decennio di temperature record. Questa situazione certifica ciò che è ormai evidente: il surriscaldamento del pianeta è un fatto reale e sta accelerando. Tra l’altro – osserva Grazzini – queste ultime nevicate sono state caratterizzate da neve “pesante”, con un’alta densità, tipica delle precipitazioni che avvengono con temperature debolmente negative, tipo quelle autunnali o primaverili. Queste condizioni sono state rese possibili da un moderato ma persistente afflusso freddo da nord o nord-est nei bassi strati, che – continua Grazzini – probabilmente in altri tempi avrebbe determinato temperature ben più basse e nevicate copiose anche in pianura. Quando le correnti occidentali riprenderanno a soffiare in quota allora probabilmente dovremmo fare i conti con la neve che si trasforma in pioggia, con tutti i problemi che ne conseguono. Qual è la morale? Esultiamo per le grandi nevicate che portano un po’ di sollievo alla montagna (e a noi, a cui la magia della montagna innevata piace tanto), ma d’altra parte ricordiamo che l’aumento degli eventi intensi fa par- te degli effetti del riscaldamento globale. La risposta alla domanda iniziale l’abbiamo sotto gli occhi e ne tocchiamo con mano gli effetti. Dobbiamo non abbassare la guardia. Sappiamo che il riscaldamento globale è causato dall’attualità umana e che è all’origine dell’emergenza climatica che poi si abbatte sulle nostre vite e sul pianeta. Non ci stanchiamo di ripeterlo: dalla consapevolezza dei nostri errori dobbiamo passare all’azione, mettendo in pratica un modello di sviluppo e di società sostenibile (si veda anche il focus di questo numero), e ciascuno di noi nel proprio quotidiano deve attuare i comportamenti individuali più corretti. Chiudo prendendo in prestito quanto scrivono Federico Grazzini e Sergio Rossi (fisico e divulgatore), nelle prime pagine del loro libro Fa un po’ caldo. Breve storia del riscaldamento globale e dei suoi protagonisti (Fabbri Editori): “Sapere che il clima è già mutato non è però un buon motivo per non preoccuparsi del nostro futuro”. Non solo ve ne consiglio la lettura perché è un libro godibile, ricco di contenuti esposti in modo estremamente comprensibile e non banale, ma soprattutto perché faccio mio questo auspicio, che desidero condividere con tutti voi. 


Peak & Tip, Montagne360 febbraio 2021

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