
Alcuni governi hanno cercato di bloccarli, oscurarli, azzittirli. Eppure in Libia come in Egitto o in Tunisia, la protesta di chi lottava in difesa dei diritti è passata da quei social network che qualcuno cerca ancora di demonizzare. Gli esempi sono tanti, basta pensare alla Primavera Araba. Non ci trovavamo davanti a selfie costruiti su architetture scenografiche artefatte né di fronte a immagini di un cibo ben impiattato. Quei giovani ci hanno portato con loro in mezzo alla protesta e all’orrore delle dittature. Ci hanno raccontando le ragioni della loro ribellione. Hanno parlato al mondo affinché qualcosa potesse cambiare. Di fatto chiedevano aiuto. Un aiuto concreto. Così era allora, così è oggi. C’è però una piccola grande differenza: oggi i giovani hanno iniziato a combattere pacificamente una lotta che riguarda tutti, nessuno escluso. Quella contro il cambiamento climatico. «Abbiamo molte sfide davanti, molti fronti, ma quello specifico di questo tempo è davvero il mutamento climatico e la difesa dell’ambiente». Le parole che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pronunciato in occasione della cerimonia d’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università degli Studi della Tuscia sottolineano i motivi universali della protesta. «Qualche mese fa – ha aggiunto Mattarella – ho firmato, insieme ad altri capi di Stato, su iniziativa del Presidente della Repubblica austriaca, un documento comune per sottolineare come i mutamenti climatici rappresentino il tema e la sfida cruciale di questo nostro momento storico». Una firma che non tutti sembrano aver recepito. Forse neppure la stessa Italia. A fine febbraio l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), nata proprio per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030, ha presentato al Parlamento la prima analisi dell’impatto della legge di bilancio sulle diverse dimensioni dello sviluppo sostenibile e l’aggiornamento degli indicatori sulla situazione dell’Italia rispetto ai 17 obiettivi fissati dall’Onu. Il risultato? Al nostro paese manca una visione integrata del cambiamento. Secondo Pierluigi Stefanini (Presidente dell’Assemblea dell’Alleanza ASviS) «il ritardo accumulato dall’Italia è molto ampio, si poteva fare di più». Insomma, siamo in ritardo. Siamo in ritardo sulla regolamentazione dei sistemi produttivi, sull’economia circolare, sul degrado ambientale. Insomma, se la lotta al cambiamento climatico deve passare anche dalla legge di bilancio, allora non c’è da stare sereni. Del resto questi fenomeni non riguardano in senso lato solo l’economia e l’ambiente. Certo, al centro di tutto c’è il nostro pianeta. Con le sue montagne, le sue acque estese, e la fusione dei ghiacciai. Ma gli effetti del cambiamento climatico, di cui dobbiamo sentirci responsabili, proprio per questo riguardano la vita di ciascuno di noi. Riguardano il nostro presente. Ma anche il nostro (immediato) futuro e quello dei nostri giovani. A stupirci ancora una volta sono proprio loro. Hanno una consapevolezza e una coscienza superiore a quella che possiamo immaginare e quando affrontano il tema del cambiamento climatico sanno di cosa parlano. Per questo li abbiamo delusi. Noi e le nostre politiche. Non stupisca, quindi, che ancora una volta grazie ai social network e al passaparola sia stato possibile organizzare un movimento trasversale che combatte per difendere la terra su cui viviamo (e le nostre vite). Un movimento che si riconosce nell’hashtag #FridaysForFuture. Sì, perché il riferimento è ai venerdì – tutti i venerdì – in cui gli studenti scioperano di fronte ai parlamenti di tutto il mondo contro il riscaldamento globale. E pensare che tutto ha avuto inizio con la protesta di una sedicenne di Stoccolma. Il suo nome è Greta Thunberg. «Dopo il suo discorso alla Cop 24 sulle politiche per il cambiamento climatico è diventata una star mondiale» dice Enrico Giovannini (portavoce ASviS). «Una ragazza che ha deciso di fare lo sciopero ogni settimana per protestare contro la disattenzione dei potenti della terra per uno dei peggiori disastri che ci accompagnerà nei prossimi decenni a causa degli errori del passato». Greta non è sola. Altri ragazzi e ragazze come lei, animati dalle sue parole e dalla visione di film o documentari che hanno fatto scattare in loro la molla della curiosità che ha portato a studi e a una conseguente conoscenza dei fatti, hanno deciso di unirsi alla protesta. In migliaia sfilano ogni settimana chiedendo con urgenza politiche più efficaci. Lo fanno ogni venerdì (in particolar modo il 15 marzo scorso), giorno eletto per lo sciopero mondiale, e continueranno a farlo. Almeno fino a quando qualcosa non cambierà davvero. E se qualche venerdì mattina i nostri figli ci diranno: “oggi non vado a scuola perché ci troviamo in tanti per sostenere #FridaysForFuture” stiamo al loro fianco perché, forse più di altri, hanno capito quali sono le priorità, e ci aiutano a capire i nostri errori. Ed ecco perché su M360 non smetteremo mai di parlare di cambiamento climatico e di chi come Greta e gli altri è in prima fila per contrastarlo.
Peak & Tip, Montagne360 aprile 2019