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Un’alleanza delle montagne per la lotta al cambiamento climatico

Il 22 giugno scorso a Roma, organizzati dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in collaborazione con #ItaliaSicura, si sono tenuti gli “Stati generali sui cambiamenti climatici e sulla difesa del territorio” in Italia. Tra i relatori era presente anche il CAI, rappresentato dal vice presidente generale con delega all’ambiente e rapporti istituzionali, Erminio Quartiani. È stata un’occasione di rilievo per ribadire l’importanza della montagna in vista della COP21, la Conferenza Parigi 2015 sul clima, la ventunesima Conferenza delle Parti, cioè l’organo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations framework convention on climate change, Unfccc). Il trattato conta ad oggi l’adesione di 196 paesi ed è stato presentato per l’adesione durante la Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo di Rio de Janeiro, in Brasile, del 1992. L’importanza della COP21 è dovuta al fatto che da essa ci si aspetta l’adozione di un nuovo accordo globale che includa tutti i paesi della comunità internazionale, da quelli industrializzati ai paesi emergenti o in via di sviluppo (come Cina e India) che negli ultimi anni hanno considerevolmente aumentato le loro emissioni di CO2. L’Italia, ha affermato il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti «vuole essere ancora una volta protagonista, come già accaduto a Lima sotto la sua presidenza delle istituzioni europee. L’intesa raggiunta dal G7, con l’indicazione di contenere il surriscaldamento del pianeta dentro i 2 gradi, rappresenta un segnale importantissimo, perché indica la volontà dei sette paesi più industrializzati non solo di adottare
misure che vadano verso la decarbonizzazione dell’economia, ma anche di essere motori di un analogo impegno vincolante da parte degli altri paesi». Per il CAI, il vice presidente Quartiani ha fatto notare come i cambiamenti climatici «appaiono particolarmente evidenti nelle aree di media e alta quota, dove possono arrivare a essere fino a due o tre volte più intensi che nelle aree di pianura». È sufficiente pensare al regresso dei ghiacciai o all’aumento dei processi di erosione, fenomeni che producono devastanti effetti a catena. Il CAI ha ribadito che «la montagna vuole e può in effetti contribuire con la propria specificità a determinare il raggiungimento di importanti obiettivi nella lotta ai cambiamenti climatici. La montagna è il luogo che racchiude importanti valori ambientali da preservare nell’intero pianeta: l’acqua dolce , le pietre e i metalli, il legno, i boschi e le foreste, la biodiversità che l’umanità e le generazioni future non possono vedere dissipati». Ma come intervenire? Il punto di riferimento strategico è sempre il nuovo Bidecalogo. Innanzitutto occorre perseguire senza mezzi termini, e rifuggendo da ideologismi sterili, la strategia della de-carbonizzazione. Bisogna, ha affermato Quartiani, che le Istituzioni nazionali e internazionali intervengano con grande decisione «sull’uso massiccio dei veicoli a motore a combustione, corresponsabili della produzione di Co2 e gas serra, riducendo drasticamente e regolamentandone l’uso, in particolare in ambienti sensibili e fragili come quelli montani. Serve implementare la mobilità dolce e sostenere con forza e convinzione una politica di turismo sostenibile e accessibile senza l’uso dei mezzi motorizzati». In questo senso la rete sentieristica italiana (65.000 km) rappresenta un asset sia per il turismo sostenibile sia per la prevenzione dal dissesto idrogeologico quando ben conservata e messa in sicurezza. Allo stesso modo «lo è il sistema delle terre terrazzate e del reticolo idrico e irriguo delle erre alte. Al riguardo sarebbe decisivo che la messa in sicurezza del territorio venisse esonerata dal computo di bilancio del patto di stabilità per gli enti locali». In termini di contrasto al cambiamento climatico e di riposte concrete, assume particolare valenza anche l’impegno assunto del Presidente generale del CAI Umberto Martini, in occasione del seminario “La specificità elle aree montane nella formazione e nella ricerca per uno sviluppo possibile e sostenibile” che si è tenuto il 2 luglio scorso a Roma organizzato dall’Università della Montagna (Unimont), in collaborazione con l’Intergruppo Parlamentare per lo Sviluppo della Montagna, che ha visto la presenza di oltre 100 partecipanti tra università, istituzioni, enti e stakeholders.
In quell’occasione, il Presidente Martini ha ribadito l ‘importanza dell’attività scientifica e di monitoraggio delle Terre alte e quindi anche in ottica di contrasto al cambiamento climatico e che «per ottimizzare e diffondere i risultati occorre mettere in rete i risultati delle ricerche… ed è doveroso agire attraverso una base elevata di conoscenza». In questo senso ha sottolineato il grande lavoro del Comitato scientifico del CAI e della TAM. Per concludere, la lotta ai cambiamenti climatici o è di tutti o non si vince. Per questo, a mio modo di vedere, occorre l’alleanza delle montagne: le Associazioni alpinistiche di tutto il mondo possono esserne il tramite e la voce. Queste devono sempre più pensare e agire in modo coordinato per portare proposte concrete comuni e vigilare sull’attuazione delle azioni contro il cambiamento climatico. ll nostro CAI, che è molto attivo su tutti questi fronti, ha le carte in regola per essere il punto di riferimento avanzato di questa alleanza.
Peak & Tip, Montagne360 agosto 2015