
Il Cervino, bellissimo e imponente, si sgretola nella copertina che il settimanale tedesco Der Spiegel ha dedicato alle Alpi. Incastonata nella classica cornice rossa, la potenza eterna della montagna simbolo della Alpi mostra una fragilità sempre più evidente. Una scelta grafica che esprime con evidenza le minacce cui è sottoposta la catena montuosa più importante d’Europa e con essa le genti di montagna. Sotto la montagna campeggia il titolo: Alpentraum. Il sottotitolo è “Come cambia il paradiso minacciato”. Alpentraum è frutto di un bel gioco di parole che si basa su Alptraum, ovvero incubo. Ma con l’aggiunta di “en” si trasforma nel “sogno delle Alpi” (grazie al mio amico Alex Waste per l’aiuto). Der Spiegel è il settimanale più autorevole e rigoroso della Germania e di norma si occupa di alta politica; il fatto che abbia dedicato la copertina alle Alpi non è da prendere sottogamba. Un lungo e articolato servizio nel cuore del settimanale di Amburgo, curato da Hilmar Schmundt, dà voce a racconti e narrazioni che analizzano uno scenario in costante mutamento. Chi vive in città vede la montagna come il luogo per rigenerarsi, un antidoto contro la modernità. Ma, secondo Der Spiegel, non è vero: in montagna si ripropongono gli stessi problemi della città. I cambiamenti climatici, lo spopolamento rurale, l’invecchiamento, l’urbanizzazione e il turismo di massa stanno addosso alle Alpi. La locuzione “stanno addosso” ben sottolinea come questi elementi rappresentino sia una realtà incombente che una minaccia costante. E alcuni fenomeni, come gli effetti del cambiamento climatico, sono ben più rapidi che in città. Nello stesso tempo – si legge – ricercatori e popolazioni di montagna cercano soluzioni e sta nascendo qualcosa di nuovo: le montagne sono il laboratorio del futuro, forse spinte anche da questo “incubo”. Del resto ogni medaglia ha il suo rovescio. E così, nelle Alpi, di fronte alle aziende che chiudono e ai paesi che si spopolano, si contrappongono economie resilienti che, in controtendenza rispetto alla crisi (e ai cambiamenti climatici), sono capaci di generare reddito e nuovi valori. A soffrire non sono solo le Alpi, ma anche l’Appennino. Come quello bolognese, ad esempio, che in pochi anni ha visto diminuire del 38% il numero dei pernottamenti. Eppure anche lì, in controtendenza c’è un turismo sostenibile che sta crescendo. È quello legato al corpo, alla natura e al benessere. Nel numero di settembre di Montagne360 abbiamo raccontato le felici esperienze delle cooperative di comunità e ricordato il fenomeno dei ritornanti nelle Alpi sud-occidentali. Ma questi sono solo alcuni degli esempi della montagna in movimento. Non sono in grado di dire se si tratti di un fenomeno destinato ad aumentare e a stabilizzarsi. Sono convinto, però, che si debba insistere sul modello di turismo sostenibile valorizzando la rete sentieristica, facilitando la mobilità dolce, moltiplicando le esperienze della montagna car free (ne abbiamo parlato su queste pagine nel numero di agosto, a proposito della chiusura al traffico dei passi alpini). Bisogna assolutamente sostenere con decisione anche altri settori dell’economia, dalle produzioni agroalimentari alle opportunità di sviluppo offerte dalla digitalizzazione. La montagna, con la velocità di azione dei suoi incubi (Alptraum), che sono anche gli incubi che “stanno addosso” al pianeta, deve essere sostenuta nel suo ruolo di laboratorio del futuro, incentivando la ricerca e quelle esperienze che rappresentano la più concreta e reale prospettiva di rinascita agli “incubi” di tutti. Perché c’è qualcosa che non dobbiamo mai dimenticare: la montagna è una sinfonia. E come tale è emozionale e imprevedibile. Come ha detto su Der Spiegel il regista Philipp Stölzl, «le montagne sono come un’ouverture di Wagner. Uno stato d’animo». E così, alle parole, sostituiamo le emozioni. E le emozioni sono il motore del cambiamento. Solo tenendo presente questo presupposto possiamo davvero perseguire l’Alpentraum. Ovvero quel sogno che è davvero capace di modificare le regole del paradiso terrestre. Che ci si trovi sulle Alpi o sull’Appennino, poco importa.
Peak & Tip, Montagne360 ottobre 2017