Home » #GPCblog | “Soccorso alpino?”, lo spot della Subaru non mi piace
#GPCblog | “Soccorso alpino?”, lo spot della Subaru non mi piace
A me piace la radio. Un amore antico, ho ‘fatto la radio’ per molti anni. Anche questa mattina la ascolto mentre preparo il caffè. Sto aspettando che il caffè sia pronto, guardo fuori dalla finestra in cerca di un cielo azzurro che oggi non c’è. A un certo punto sento “Soccorso alpino! Soccorso alpino!”.
Mi giro di scatto verso la voce. Un gesto automatico, faccio parte del soccorso alpino da molti anni, l’orecchio si tende. È una pubblicità. Ascolto con attenzione. Nello spot, il soccorso alpino riceve una chiamata da un signore: “sono rimasto bloccato in un rifugio a causa della troppa neve. La mia auto non è in grado di muoversi”. La centrale del soccorso gli chiede se la sua auto è una Subaru e se ha un collegamento internet. L’uomo risponde che non è una Subaru e che è connesso a internet. La centrale lo redarguisce perché se avesse avuto quell’auto non avrebbe avuto problemi. E l’invita a cercarla su internet per scoprire quanto è efficiente e poi prenotare una prova. ‘Passo e chiudo’ dice via radio la centrale del soccorso alpino. “E io??” esclama l’uomo rimasto bloccato. Non riceve alcuna risposta. Lo spot finisce così. Potete ascoltarlo qui sotto.
C’è qualcosa che non va, mi dico. Certo i pubblicitari creano storie per i prodotti dei loro clienti, la pubblicità è finzione verosimile, lo sanno tutti. Certo si potrà dire: è chiaro che è un dialogo surreale e che nessuno prenderà la storia in maniera letterale. Certamente gli italiani non sono stupidi. Forse si voleva fare dell’ironia su uno sprovveduto che va in montagna senza un mezzo adatto, con l’intento di farci sorridere. Ma quella domanda “e io (che faccio, chi mi aiuta)?” che non riceve risposta, esclamata con un tono leggero di ironica incredulità, resta sospesa nell’aria e, pur nella finzione dello spot, suggerisce un soccorso alpino che ti lascia lì. No, il soccorso alpino non ti lascia lì, risponde sempre. Anche se sei uno sprovveduto o un imprudente. Questa pubblicità mi da fastidio perché l’assenza di risposta la trasforma in un messaggio quanto meno fuori luogo, inappropriato, al limite dell’irrispettoso nei confronti di chi fa soccorso. Non solo del soccorso alpino, di tutti i soccorritori volontari e non.
Sarà che oggi è l’anniversario della tragedia di Rigopiano, emblema del grande lavoro svolto da tutti i soccorritori, del Cnsas (Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico del Cai) e non solo, per portare aiuto non solo alle persone intrappolate nell’hotel, ma anche a tutte tutte quelle – ed erano centinaia – bloccate dalla grande nevicata nel Centro Italia terremotato. Non dimentichiamo che quella di Rigopiano è stata la tempesta perfetta in un mare già in in forte burrasca.
Torno allo spot. Il soccorso alpino è una eccellenza del nostro paese e la sua opera e qualità è conosciuta da tutti gli italiani. Come eccellenza è tutto il nostro volontariato di protezione civile. Sta nell’ordine delle cose che una azienda voglia in qualche modo accostarvi il proprio brand trasformandolo in aiutante narrativo all’interno propria comunicazione di prodotto. Ma, a mio modo di vedere, per farlo e ricavarne beneficio bisogna conoscere e rispettare la sensibilità di quella eccellenza. Altrimenti si rischia un effetto boomerang. E più in generale, sono convinto del fatto che ci sono valori universali (la solidarietà), attività (il volontariato che fa soccorso) e situazioni così delicate (il bisogno di chi è in difficoltà) ai quali pubblicitari e brand dovrebbero sempre prestare attenzione e tutelare quando progettano una campagna pubblicitaria, anche se si punta all’iperrealismo ironico. Io la penso così.
Luca Calzolari
Pubblicato originariamente il 18 gennaio 2018 nel mio blog “Punto di raccolta” su Il Giornale della protezione civile.it a questo link.