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Rigenerare la montagna, accordi e disaccordi

Su una cosa sono tutti d’accordo: la montagna va salvaguardata e rilanciata nella sua dimensione naturale, ambientale ed economica. Tutti d’accordo anche sul fatto che il turismo sostenibile sia un elemento strategico per l’economia delle Terre alte. Poi viene il momento della concretezza. E la montagna – politica, abitanti e mondo economico – deve fare delle scelte. Ebbene, la sintonia è spesso limitata all’obiettivo generale, mentre è più difficile concordare sulla progettualità per raggiungere lo scopo. Dietro a queste distonie ci sono diverse idee di montagna. Negli anni abbiamo assistito a un’eccessiva (inutile) espansione di piste da sci con la relativa proliferazione degli impianti di risalita. Ora il clima del pianeta sta cambiando portando con sé anche ripercussioni sull’economia delle Terre alte. L’economia della neve si sta quindi indebolendo. Inoltre il turismo sta cambiando. Non si chiede solo lo sci alpino, ma anche uno spazio libero per ricrearsi e per praticare attività outdoor. Negli anni delle benefit corporation, quelli in cui anche l’imprenditoria italiana trova nella responsabilità sociale d’impresa e nella sostenibilità una rinnovata mission, ecco che iniziano a presentarsi scenari inediti e nuovi percorsi possibili. L’esempio più recente (e rilevante) riguarda il Trentino. È li che ha sede La Sportiva, una tra le aziende leader nella produzione di calzature. Ed è sempre li che l’azienda vorrebbe realizzare un progetto di turismo sostenibile attraverso la riqualificazione di un’intera area, quella del Passo Rolle. L’idea (esiste già un progetto ben definito) è di smantellare gli impianti vecchi e poco utilizzati per creare una vasta area a vocazione outdoor con l’obiettivo di destagionalizzare la montagna. Di fatto l’azienda propone d’intervenire investendo sullo sport all’aria aperta e sulla ricerca di benessere – senza trascurare la sostenibilità – per creare e incentivare un nuovo turismo nel rispetto dell’ambiente e delle persone. L’amministratore delegato Lorenzo Delladio ci dice al telefono che «questa è una idea partita e pensata con il cuore» e non nega certo che «è rapidamente cresciuta» e che sia poi divenuta anche un’operazione «di marketing a livello internazionale per il Trentino tutto». A luglio sono stati avviati i contatti con i soggetti interessati, a partire dal governo locale. E qui le visioni diverse si sono scontrate. C’è chi sostiene che il progetto non porterebbe alcun beneficio, che la vocazione di quell’area è, e deve restare, quella dello sci alpino. C’è chi teme che sia un motivo per procrastinare il nuovo collegamento (ancora impianti? sic!) tra San Martino di Castrozza e il Passo Rolle. Chi afferma che così si snatura l’identità e la storia di quei luoghi. L’azienda vorrebbe iniziare i lavori nel 2018, ma nei primi giorni di ottobre il presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, ha frenato gli entusiasmi. Non una bocciatura, ma un rimando a chissà quando. Certamente i tempi della politica non corrispondono a quelli aziendali. A mio avviso l’iniziativa di Delladio è di per sé importante perché vede la montagna confrontarsi su un progetto concreto, che si propone come possibile nuovo modello di sviluppo: c’è un imprenditore che ci mette la faccia, la credibilità dell’azienda e le risorse economiche; ci sono alcuni imprenditori concordi e altri che invece non lo sono; ci sono le istituzioni, il parco, e soprattutto chi in quei luoghi vive. In un momento in cui le risorse pubbliche scarseggiano, in cui servono idee concrete, in cui bisogna reinventarsi un’offerta turistica sostenibile che valorizzi e preservi la montagna, c’è bisogno di iniziative che mettano in moto un confronto sul futuro. E magari sviluppino un partenariato pubblico-privato, mettendo in rete il tessuto economico e culturale. Ecco, anche il Cai deve prendere parte ai processi e farsi portatore di valori e competenze all’interno di questi dibatti. La SAT, infatti, sta guardando attentamente questo progetto. Monitora il dibattito, si sta confrontando con l’azienda e con gli altri attori. Ce lo conferma il suo presidente, Claudio Bassetti. Anche Luigi Casanova, presidente onorario di Mountain Wilderness Italia, in una recente tavola rotonda a Biella ha sostenuto che bisogna dialogare con questo progetto e che ogni nuova idea portatrice di obiettivi comuni merita di essere discussa. E io sono d’accordo. Alla base di ogni scelta c’è un background culturale da cui non si può prescindere. Ma dev’essere considerato un valore aggiunto, non un limite. Sono convinto che serva un cambio di paradigma. Bisogna fare uno sforzo, uscire dal modello del “business as usual” e puntare decisi a una rigenerazione sostenibile della montagna. Troppo rischioso?.
Peak & Tip, Montagne360 novembre 2017