
E anche il 2019 sta per finire in archivio, ma non sarà derubricato. Perché in questo anno sono accadute cose che hanno lasciato il segno. Anzi, credo che l’anno che sta per concludersi abbia rappresentato l’inizio di una diffusa rivoluzione culturale. Il mese di ottobre ha confermato questa sensazione. Infatti nell’ultima edizione del festival di Internazionale a Ferrara – un evento che ospita giornalisti di tutto il mondo – la crisi climatica è stata definita “la notizia del secolo”. Una crisi che colpisce il pianeta e in particolare i più poveri. Sappiamo bene quanto il lavoro dei giornalisti sia fondamentale per tenere accesi i riflettori e dare voce alla scienza e ai più poveri. È anche da qui che parte questa piccola grande rivoluzione. Proviamo a fare un passo indietro: solo un anno fa conoscevamo a malapena il nome di Greta Thunberg e il movimento studentesco “Fridays for Future” era ancora lontano dall’essere quel fenomeno mondiale che poi è diventato. Esattamente un anno fa, proprio all’inizio di dicembre, la giovane Greta parlò per la prima volta pubblicamente durante il vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. «Questa è la crisi più grave che l’umanità abbia mai subito» disse alla platea della Cop24. «Dobbiamo innanzitutto prenderne coscienza e fare qualcosa il più in fretta possibile per fermare le emissioni e cercare di salvare quello che possiamo». Già, salvare il salvabile sarebbe già qualcosa. Ma noi del Cai, che di strada ne abbiamo fatta parecchia (non solo lungo i sentieri di montagna), quell’emergenza la sentivamo viva da tempo. Su Montagne360, con gli strumenti a nostra disposizione – a cominciare dalle parole – l’abbiamo denunciata, spiegata, raccontata. Lo abbiamo fatto con la stessa passione dei tanti Soci Cai che lavorano e portano questi temi sul territorio. Insieme a loro abbiamo cercato di contribuire alla costruzione di una migliore e più diffusa coscienza critica e ambientale. Ciò che oggi suona a molti come un argomento d’attualità, solo un anno fa era ancora interpretato da tanti come la buona sceneggiatura di un film catastrofista o apocalittico. Purtroppo è tutto vero, oggi come allora. Se il Guardian è stata la prima testata a utilizzare la definizione di “crisi climatica” anziché “cambiamento climatico”, noi gli siamo stati accanto seguendo lo stesso passo. Lo abbiamo fatto in modo ragionato, consapevole. Convinti com’eravamo – e come siamo – che il cambiamento è già in quota parte compiuto. Quindi prima di raccogliere i cocci di un pianeta che stiamo contribuendo a rompere e prima di salvare il salvabile, abbiamo deciso di chiamare le cose con il loro nome e di scegliere responsabilmente di far parte del cambiamento anziché subirlo passivamente. Ci ha quindi sorpreso positivamente (ma non ci ha stupito) quando la nostra redazione ha ricevuto un messaggio che anticipava la notizia che di lì a poco sarebbe diventata di dominio pubblico: “the Guardian è il primo gruppo media a raggiungere la certificazione b-corp!”. Esatto, il quotidiano britannico è la prima benefit corporation al mondo in ambito editoriale. Una scelta coerente, che conferma quanto la sostenibilità – di cui spesso abbiamo parlato anche su Montagne360 – non sia solo una questione puramente formale, ma di sostanza. Quando parliamo di sostenibilità economica e sociale, di corretti stili di vita, di scelte green, di ecologismo e ambientalismo, be’, non stiamo analizzando solo faccende che hanno a che fare coi valori e coi principi. Parlare di tutto questo significa parlare delle nostre vite e significa lavorare affinché un futuro, questi ragazzi, ce l’abbiano davvero. In quest’anno che sta per giungere al termine ci siamo impegnati a fondo, ma siamo consapevoli che possiamo (anzi, dobbiamo) fare di più. Nel 2016 ha preso avvio il programma d’azione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Un percorso pensato per le persone, per il pianeta, per la prosperità. Per il raggiungimento dei 17 obiettivi i paesi membri dell’Onu (193 in tutto) si erano dati quindici anni di tempo. Un terzo di quel tempo è già passato. L’augurio è che il prossimo decennio sia risolutivo. Noi ci crediamo e per questo continueremo a partecipare al cambiamento. Sì, lo avete capito: la crisi climatica è stato il tema principale e il filo conduttore di questa rubrica per tutto il 2019. Ricordo il titolo del marzo scorso: “Non ci stancheremo mai di parlarne”. Siamo stati di parola, perché così è stato. Ma non è l’unico tema che ci sta a cuore, ne abbiamo affrontati anche altri: la libertà in montagna, lo sviluppo, la cultura delle terre alte. Ebbene, di ciò di cui abbiamo parlato quest’anno ne parleremo ancora. È notizia dei primi di novembre la decisione ufficiale comunicata all’ONU da Donald Trump, presidente degli Stati Uniti di uscire dall’accordo di Parigi, mentre subito dopo in risposta alla decisione degli USA, il presidente francese Emmanuel Macron e il leader cinese Xi Jinping hanno firmato un documento sulla ‘irreversibilità’ dell’accordo di Parigi. Nell’augurare a tutti voi buone feste, la nostra promessa è di continuare ostinatamente a occuparci del clima, delle terre alte, dell’ambiente e della libertà in montagna. Perché prenderci cura del pianeta significa prenderci cura di noi stessi. E questo il regalo più grande che possiamo farci.
nostri figli. Significa parlare del loro futuro e significa lavorare affinché un futuro, questi ragazzi, ce l’abbiano davvero. In quest’anno che sta per giungere al termine ci siamo impegnati a fondo, ma siamo consapevoli che possiamo (anzi, dobbiamo) fare di più. Nel 2016 ha preso avvio il programma d’azione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Un percorso pensato per le persone, per il pianeta, per la prosperità. Per il raggiungimento dei 17 obiettivi i paesi membri dell’Onu (193 in tutto) si erano dati quindici anni di tempo. Un terzo di quel tempo è già passato. L’augurio è che il prossimo decennio sia risolutivo. Noi ci crediamo e per questo continueremo a partecipare al cambiamento. Sì, lo avete capito: la crisi climatica è stato il tema principale e il filo conduttore di questa rubrica per tutto il 2019. Ricordo il titolo del marzo scorso: “Non ci stancheremo mai di parlarne”. Siamo stati di parola, perché così è stato. Certo, abbiamo affrontato anche altri temi: la libertà in montagna, lo sviluppo, la cultura delle terre alte. Ebbene, ciò di cui abbiamo parlato quest’anno ne parleremo ancora. Nell’augurare a tutti voi buone feste, la nostra promessa è di continuare ostinatamente a occuparci del clima, delle nostre montagne, dell’ambiente. Perché prenderci cura del pianeta significa prenderci cura di noi stessi. E questo il regalo più grande che possiamo farci.
Peak & Tip, Montagne360 dicembre 2019