![](https://www.lucacalzolari.it/wp/wp-content/uploads/2023/08/demonstration-4891275_1280.jpg)
Di cambiamento climatico, dei suoi effetti non ci stancheremo mai di parlarne. Come continueremo a parlare di ciò che è necessario fare per contrastarlo, per mitigarlo e adattarci. A più riprese, negli ultimi tempi e non solo, ho ricevuto e-mail, messaggi e sti- moli da tanti Soci, preoccupati per gli effetti del cambiamento climatico. Il Cai, lo sappiamo, è in prima fila in questa battaglia. Vale la pena di ricordare il forte impegno del Sodalizio nell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). Chi ha a cuore la propria terra – qua intesa nella sua duplice valenza, sia come pianeta, sia come superficie che calpestiamo e viviamo quotidianamente – non è un folle né tantomeno un allarmista. Ha capito che è in atto da tempo un fenomeno che non può né deve essere sottovalutato. Ma ancora troppi sono coloro che negano o che minimizzano la questione e allora bisogna fare tanta formazione. Bisogna ascoltare e interrogare la comunità scientifica. E poi bisogna agire. Agire vuol dire adoperarsi per mettere in atto – come comunità e come singoli – le migliori strategie di mitigazione e adattamento. E come Cai, oltre a quanto viene fatto dai nostri vertici associativi, dobbiamo aumentare la nostra azione dal basso e portare avanti questo messaggio in ogni occasione, dai corsi agli eventi. I segnali del cambiamento climatico sono ovunque. Alcuni molto evidenti, altri meno. Il global climate change e il global warming – non uso spesso gli anglicismi, ma forse è bene cominciare a prendere un po’ di confidenza con questi termini – incidono in modo evidente sulle montagne, che risentono fortemente dei suoi effetti, tanto da esserne una delle principali sentinelle. Degli effetti sulla fusione dei ghiacciai (con i distaccamenti, la formazione di laghi glaciali e l’aumento delle piene) che sono forse i più noti e relativamente più facili da comprendere, come di altri, abbiamo già parlato. Per capire l’ampiezza del fenomeno vogliamo però raccontare anche quelli meno noti, ma non meno rilevanti. Lo facciamo anche in questo numero di Montagne360 (sia nel focus sia nella rubrica “Libri”), consapevoli che – a prescindere dalla quantità di pagine riservate all’argomento – il nostro impegno forse non sarà mai sufficientemente adeguato, ma non verrà meno. Credo (e crediamo) che un’informazione costante, puntuale e comprensibile possa aiutare non solo a conoscere i fenomeni, ma anche a sensibilizzare le coscienze e a formare le persone (lettori, soci Cai e non solo) affinché tutti insieme si possa assumere comportamenti capaci di arginare i cambiamenti climatici (compito arduo) e gli effetti associati (più alla nostra portata). Per spiegare tutto questo, purtroppo abbiamo la pessima tendenza di trovare altrove i colpevoli. “Il clima è impazzito”, sento ripetere spesso. Eppure la colpa è sempre e solo nostra. A dirlo è una ricerca condotta da ben tredici agenzie federali americane, pubblicata non molto tempo fa sul New York Times. Un report che non lascia scampo e che dimostra come i cambiamenti climatici siano strettamente correlati all’aumento di Co2 prodotta dall’uomo. Ci sono tracce evidenti sia nell’atmosfera sia negli oceani. Non solo ci sono pesci che muoiono, andando incontro all’estinzione, ma più dell’ottanta per cento ha subito in questi anni un netto restringimento della massa: se la temperatura sale di un grado, i pesci si riducono del trenta per cento. E non va certo meglio in montagna, dove l’aumento della temperatura nei corsi d’acqua alpini sta minacciando molte specie fluviali, a partire da quelle più delicate. Insomma, l’ecosistema montano è tutto a rischio. Un problema che non riguarda solo la flora (secondo uno studio del Politecnico di Zurigo ci sono piante che stanno “migrando”; un’interazione che mette a rischio le altre specie) ma anche la fauna. Se da una parte stiamo assistendo alla diminuzione di stambecchi e la pernice bianca è prossima all’estinzione, forse ci è meno noto quello che accade sotto la superficie dell’acqua. L’aumento delle temperature è infatti causa dell’insorgere di nuove malattie nella fauna ittica. Una ricerca condotta dal Climate-Lab del Politecnico di Milano, in collaborazione con Università degli Studi Milano-Bicocca, effettuata sul fiume Serio, nel bergamasco, mette in evidenza come il cambiamento climatico metta a repentaglio le specie fluviali più delicate (si veda www.climalteranti.it). Il Cai, anche attraverso Montagne360, continuerà a fare informazione sul climate change perché questa è una battaglia, come ripetiamo sempre, in cui non ci sono né vincitori né vinti. Se la si perde, la perdiamo tutti. Nessuno escluso.
Peak & Tip, Montagne360 marzo 2019