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#GPCblog | Terzo settore, la riforma “copia” il modello della protezione civile

Un bel quadro, per essere valorizzato, ha sempre bisogno di un’altrettanto buona cornice.Adeguata, su misura, coerente e perfino rispettosa dell’opera che andrà a contenere. Così è per l’arte, così dovrebbe essere per quelle norme che vanno a regolamentare mondi complessi e ben rodati (ma per questo non meno bisognosi di un contorno appropriato). Come la protezione civile, ad esempio. Ecco perché non mi sorprende scoprire che anche la riforma del terzo settore ha attinto a piene mani da questo sistema.
Sì, la riforma ha “copiato” il modello della protezione civile per scrivere quella parte di norma che definisce le reti associative. Un modello che diventa riferimento anche in una riforma che contiene un’idea di futuro sviluppo economico e sociale del nostro paese.
A confermarlo, nel corso della Giornate di Bertinoro per l’economia civile, è Luigi Bobba, sottosegretario al ministero del lavoro e delle politiche sociali.
«Il tema delle reti l’abbiamo copiato dal modello di protezione civile» confessa Bobba. «Il sistema ha circa ottomila gruppi, ma solo una quarantina di soggetti riconosciuti per l’affidamento. Ho incontrato Fabrizio Curcio più volte. In questi incontri ho scoperto che esistono anche soggetti specializzati che pur non avendo un largo dimensionamento andrebbero ugualmente riconosciuti per le loro funzioni. Ecco, nella definizione delle deleghe potremmo trovare e adottare una soluzione simile…».
Bobba parla della riforma del terzo settore che fu annunciata a Lucca da Matteo Renzi nel 2014, durante il Festival del volontariato. A circa quattro anni di distanza, dopo l’approvazione del codice avvenuta in estate, nel 2018 la legge dovrebbe finalmente vedere la luce.
Ma c’è un altro aspetto di grande interesse: la riforma del terzo settore sarà (anzi, è) collegata anche alla legge delega per il riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile. «È necessario un coordinamento tra le norme del terzo settore e una norma non ancora esercitata per il riordino della protezione civile» precisa Bobba.
E pensare che se a Bertinoro si è parlato di questo è soprattutto per rispondere a una provocazione lanciata da Maurizio Gardini, presidente dell’Alleanza delle cooperative italiane(nonché presidente di Confcooperative). Esasperando e stiracchiando un tema moderno, reale e dotato di concrete prospettive (quello delle cooperative di comunità) ha parlato di Rigopiano facendo una proposta.
Qual è la proposta di Gardini? «Fare delle cooperative di comunità degli avamposti di protezione civile e sociale», ha detto. «La Regione Abruzzo, ad esempio, può contare su quattordici cooperative di comunità che si stanno costituendo in zone più isolate e interne per prendersi in carico dei bisogni del territorio. Una di queste è proprio vicina a Rigopiano. Cosa sarebbe successo – si è chiesto Gardini a Bertinoro – se lo spartineve fosse stato in gestione alle cooperative? Forse sarebbe stato in grado di pulire la strada per tempo…».
Quella del presidente dell’Alleanza delle cooperative italiane è una provocazione che certamente non vuole fare dietrologia. Come sappiamo le provocazioni sono spesso utili al ragionamento. Questa per non restare solo una interessante suggestione, dovrebbe essere trasformata in proposta articolata nel dettaglio. Sarebbe utile conoscerla al più presto per aprire un confronto e valutarne in ogni sua potenzialità e implicazione.
In questo periodo in cui si sta lavorando per i decreti delegati della legge di riforma della protezione civile e i decreti attuativi della riforma del terzo settore sarebbe strategico continuare a cercare punti di contatto e le possibili interrelazioni.
Luca Calzolari
Pubblicato originariamente il 16 ottobre 2017 nel mio blog “Punto di raccolta” su Il Giornale della protezione civile.it a questo link.