Il clima, ancora una volta il clima. È di questo che abbiamo parlato, stiamo parlando e continueremo a parlare. Lo faremo (lo farò e ho spiegato perché insisto tanto) finché le parole “crisi” ed “emergenza” saranno associate al clima. Non è certo una battaglia personale, la mia. Ancora una volta a muoversi sono state decine di scienziati, che hanno preso carta e penna per scrivere una lettera pubblica che è diventata un appello. Chi pensa che la questione climatica sia una faccenda secondaria o quasi marginale perché “vabbè, la variabilità del clima è un fattore ciclico” oppure perché “il climate change è solo un complotto mondiale” (eh sì, qualcuno lo crede davvero) si sbaglia di grosso. Non c’è nulla che sia legato al singolo individuo, se non la responsabilità su certe scelte fatte o azioni compiute che hanno un impatto diretto sui consumi e sulle emissioni di gas serra. Le conseguenze si misurano in montagna, negli oceani, nell’aria che respiriamo. Ma soprattutto – e in prima battuta – proprio sulle montagne, perché anche chi di queste cose sa poco o nulla le riconosce come “sentinelle” del clima. Insomma, che le scelte dei singoli ricadano su tutto l’ambiente, sulla collettività, sull’economia e sulle dinamiche sociali è ormai un dato di fatto. Forse oggi ricordare tutto questo, alle orecchie e agli occhi dei più, non sembrerà una ridondanza di concetti già sentiti o già espressi. Siamo reduci da un’estate che così calda non era stata mai. Non lo dico io, ma l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche). I primi sei mesi del 2022 sono infatti i più caldi tra quelli che si sono potuti misurare (più 0,98 gradi rispetto alla media storica; solo a luglio più 2,26 gradi sopra la media italiana registrata a partire dal 1800). Prima ci siamo lamentati del caldo insopportabile, poi della siccità. Infine anche i più scettici o distaccati hanno capito che a ogni dinamica corrisponde una conseguenza, che a volte è devastante e che è sempre imprevedibile. La più evidente di tutte è stata la recente tragedia della Marmolada col distaccamento del ghiacciaio che ha causato numerose vittime. Ma il problema non riguarda solo i ghiacciai (un tema, questo, cui è dedicato il focus del numero di Montagne360 che avete tra le mani). «I prossimi anni saranno cruciali. Più si aspetta a prendere provvedimenti, più diventerà difficile tornare indietro». A parlare non è uno scienziato qualunque, ma il premio Nobel italiano per la fisica Giorgio Parisi. Le possibili conseguenze? «Potremmo arrivare a una situazione capace di innescare enormi incendi, per esempio nelle foreste artiche del Canada o della Siberia, o in quella pluviale dell’Amazzonia. A quel punto le emissioni di CO2 sarebbero enormi, con conseguenze che i modelli matematici attuali non sono nemmeno in grado di prevedere. È come una diga che incomincia a perdere acqua. Se i buchi li tappi quando sono piccoli, bene. Ma se aspetti di tappare i buchi quando sono grandi fai una fatica enorme e rischi anche che la diga ti caschi addosso» spiega Parisi a Green&Blue, il portale d’informazione de La Repubblica dedicato all’ambiente e alla transizione ecologica, che ha pubblicato la lettera aperta degli scienziati del clima e avviato una petizione pubblica che, nel momento in cui scrivo, ha superato di gran lunga le 146mila firme. Ecco cosa chiedono gli scienziati: “elaborazioni di programmi politici approfonditi su questi temi e una pronta azione del prossimo governo per la lotta alla crisi climatica e ai suoi impatti”. Tutti si dicono pronti a fornire il loro contributo per sviluppare soluzioni e azioni concrete che siano “scientificamente fondate, praticabili ed efficaci”, ma chiedono anche con forza alla politica “di considerare la crisi climatica come un problema prioritario da affrontare, perché mina alla base tutto il nostro futuro”. Tra i primi firmatari dell’appello ci sono Carlo Barbante (direttore dell’Istituto di scienze polari del Cnr), Carlo Carraro (professore di economia ambientale e climatica all’Università Ca’ Foscari), Antonio Navarra (Università di Bologna e Presidente della Fondazione Centro euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici), Antonello Pasini (docente di fisica del clima all’Università Roma Tre) e Riccardo Valentini (Università della Tuscia e Presidente della Società italiana per le scienze del clima). Seguono oltre quaranta nomi di illustri scienziati. Il Cai da tempo fa la sua parte ed è voce importante nell’azione di contrasto al riscaldamento globale, e su questo tema prende posizione con responsabilità. Sappiamo che bisogna essere tenaci e insistere perché come dice una ragazza di Radioimmaginaria (la radio fatta dagli adolescenti tra gli 11 e i 17 anni con antenne sparse in Italia e non solo) in un video rivolto alla politica a sostegno dell’appello degli scienziati: “se non mettete il clima al centro ce la vedremo brutta”.
Peak & Tip, Montagne360 settembre 2022