
I giovani ci salveranno. È un’idea che – contrastando i dilaganti luoghi comuni sulle generazioni di choosy, bamboccioni ed eterni sdraiati – mi porto dietro da tempo. Stavolta, però, trovo consolazione nei numeri, ovvero un parziale fondamento nei risultati di un’indagine sui temi ambientali condotta dall’Osservatorio giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo tra ragazzi e ragazze nati tra il 1982 e il 1997. Le risposte, che per qualcuno potrebbero sembrare sorprendenti, stranamente non mi stupiscono affatto. Forse perché ho sempre creduto nelle nuove generazioni. Forse perché noi che da adulti iniziamo a definirci “maturi” abbiamo ceduto alle pressioni della società del rancore (e questo, a dirlo, non è l’Istituto Toniolo bensì il Censis). Cosa emerge in sintesi da questa ricerca? Che più di 8 giovani su 10 sono disposti a cambiare le proprie abitudini per ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici sul pianeta. Una percentuale di poco più alta (82%) dichiara di essere disponibile a ridurre al minimo gli sprechi. Stiamo parlando di azioni e funzioni quotidiane che hanno a che fare con la luce, l’acqua, l’uso della plastica e il consumo di cibo. Ora qualcuno penserà che è facile offrire una risposta che mira al bello e al buono. Eppure dietro quei «sì, ce la possiamo fare», in questi giovani c’è una profonda e radicata convinzione. Insomma, sanno di cosa parlano. E qui arriva la prima lezione che noi, adulti che abbiamo raggiunto per nostra stessa definizione la maturità, dovremmo raccogliere e far nostra: i giovani hanno un grande senso di responsabilità. La grande maggioranza degli intervistati ritiene che la qualità del futuro del pianeta «è strettamente legata alla responsabilità di ciascuno di noi, non solo dall’operato dei governi» e che la salvaguardia del patrimonio naturale è uno dei temi che gli sta più a cuore. Esiste infatti «un ampio convincimento del valore comune che esso rappresenta, ma anche dei rischi legati all’impatto dei cambiamenti climatici, in larga parte prodotti dai nostri comportamenti». Belle parole. Ma il rischio, in questi casi, è di limitare la riflessione a una dimensione squisitamente teorica. E invece no, ecco che veniamo felicemente smentiti una seconda volta. Perché se è vero che sanno cos’è la responsabilità, allora significa che la praticano. La risposta a questa mia considerazione è ancora una volta nei numeri, che vi presento affinché siano letti (e compresi) tutti d’un fiato: 7 su 10 scelgono prodotti di aziende sostenibili mentre l’85,35% fa la raccolta differenziata; l’87,1% ritiene che anche i piccoli gesti siano importanti per l’ambiente, il 59% è convinto che la sua salvaguardia investa diretta- mente ogni singolo cittadino, per la metà di loro la sensibilità ambientale è aumentata in questi ultimi anni e il 42,9% conosce esattamente il significato di “sviluppo sostenibile”. Non è poco, decisamente. Perché, dati alla mano, se davvero ci facessimo un esame di coscienza scopriremmo che questi giovani sono pronti a farci scuola. Ma come ogni analisi che si rispetti c’è sempre un risvolto da prendere in considerazione. Nonostante la coscienza e la responsabilità che li contraddistingue, 8 su 10 sono poco attratti dalle associazioni impegnate su questi fronti e solo il 19% fa volontariato. Però dovremmo interrogarci sui perché. Se credono poco nelle associazioni forse è perché non trovano un’adeguata capacità di accoglienza al loro modo di essere cittadini attivi. Questa fotografia è sostanzialmente confermata anche per i giovani che scelgono la montagna come luogo di vita. Per quanto mi consta cambia il rapporto con il volontariato, che in montagna è più alto. I progetti che hanno partecipato a bandi di fondazioni o enti a sostegno dell’imprenditoria giovanile hanno la sostenibilità come denominatore comune. Anche qui economia circolare, fonti rinnovabili, chilometro zero, biologico. Qui si gioca il futuro del pianeta e delle Terre alte. Dobbiamo sostenere questa rivoluzione portata avanti da migliaia di imprenditori socialmente responsabili. Il Cai fa una proposta culturale molto ampia che coniuga frequentazione, tutela ambientale, supporto allo sviluppo sostenibile delle montagne. Credo che abbiamo la forza e la competenza per costruire un dialogo più serrato con i giovani, tutti non solo gli appassionati di montagna, partendo proprio da questi temi. Per sostenerli e dire loro che la montagna è una risorsa chiave per la sostenibilità che è alla base della loro (ma anche nostra) idea di futuro. Aiutiamoli a salvarci, e continuiamo a stimolare la curiosità per la montagna. Qualcuno vorrà certamente toccare con mano.
Peak & Tip, Montagne360 febbraio 2019