Il mondo corre veloce, perfino troppo in fretta. Una rapidità che non sempre ci permette di comprendere e codificare a fondo gli effetti dei processi di sviluppo. Basta misurare le innovazioni degli ultimi cinquant’anni per scoprire che hanno avuto un impatto di gran lunga superiore a quelle avvenute negli ultimi cinque secoli. Qualcuno lo chiama progresso, per altri siamo di fronte alla decadenza. Insomma, tenere il passo è difficile. Però una cosa è certa: gli uomini e le donne sono sempre al centro del cambiamento. Però una cosa è certa: gli uomini e le donne sono sempre al centro del cambiamento. Lo sono anche di quello climatico, che ci ha portato nella attuale crisi climatica. Significa anche che ciò che è stato distrutto (come l’ambiente, ad esempio) può essere anche difeso, tutelato, rigenerato. Tutto dipende da noi e dalle nostre decisioni. Anziché assistere passivamente scegliamo d’intraprendere azioni capaci di generare valore. In altre parole abbracciamo il cambiamento. Facciamocene carico. Promuoviamolo, indirizziamolo, governiamolo. E pensiamo con lungimiranza. Almeno stavolta proviamo a cercare la trasformazione. Non lontano, non altrove, non fuori dalle nostre vite. Cerchiamolo e decliniamolo nel nostro quotidiano. Del resto ci sono indizi che ci fanno capire chiaramente quanto l’approccio sostenibile alla vita abbia trovato fertile terreno di sviluppo anche nell’ambito imprenditoriale, lo troviamo anche in diverse di quelle aziende che producono capi tecnici per la montagna e per l’attività outdoor (di cui ci occupiamo nel focus di questo numero). Lo vediamo nelle migliaia di giovani del movimento “Fridays for future” che scioperano per il clima e in quella diffusa cultura ambientale che sembra contagiare ogni ambito, dal pubblico al privato. Sul concetto di “plastic free” stanno prolificando progetti e azioni che riguardano comuni, province e regioni di qualsiasi parte d’Italia. Leggiamo di Terni come la prima città “libera dalla plastica”. Ma anche di Termoli, che ha recentemente lanciato una sfida per raggiungere la piena sostenibilità, e della Regione Toscana, che da questa estate – con una legge ad hoc – ha vietato la plastica monouso nelle spiagge e nei parchi. E così ormai fanno tante scuole: via le bottigliette, ben vengano le borracce. Niente più bicchierini di plastica per il caffè, sostituiti da quelli in ceramica. Andranno presto a scomparire anche posate monouso e sacchetti di plastica usa e getta. Comportamenti, questi, che ancor più a ragione trovano la loro collocazione naturale in montagna. Da Bressanone alla Valle Stura, dal Trentino-Alto Adige alla Valle del Sele, in Campania. Tutto plastic free. Ma una borraccia può incidere sul cambiamento? E quanto siamo disposti a spendere per favorire questa rivoluzione green? Sulla prima risposta siamo quasi tutti d’accordo, e la risposta è sì. Non è una borraccia da sola che salverà il mondo, ma utilizzarla significa avviare un processo virtuoso di contaminazione culturale. È invece più difficile rispondere alla seconda domanda. Ma è ineludibile. Oggi la sostenibilità ha, infatti, ha un costo economico. E questo incide sui comportamenti d’acquisto. Ci costringe a scegliere, e talvolta a rinunciare a qualcosa in suo favore. Cambiare spaventa, fa paura. Incide sulle nostre abitudini, ribalta gli stereotipi, ci fa camminare controcorrente. Ma se tutti fossimo diretti nella stessa (nuova) direzione, allora non ci sentiremmo più né a disagio né diversi. Perché quella diventerebbe la corrente di tutti, quella giusta. Secondo una recente indagine condotta dallo studio di analisi e ricerche Ipsos, in Italia il 74% degli intervistati è consapevole di essere la causa principale dell’inquinamento ambientale, mentre negli ultimi quattro anni l’attenzione e la volontà di apprendere nozioni specifiche in materia ambientale è cresciuta del 65%. Sarebbero dati confortanti, se non fosse che solo una persona su cinque adotta quotidianamente comportamenti sostenibili. Anche se il 50% del campione dimostra disponibilità alla comprensione del fenomeno, tre su dieci continuano ad essere scettici o indifferente alle questioni ambientali. Per quanto il cambiamento abbia un prezzo l’adozione di nuovi stili di vita e comportamenti più sostenibili, se diffusi, contribuiranno a invertire la tendenza. Non più distruzione, quindi, ma costruzione. Cambiamo noi per cambiare il mondo.
Peak & Tip, Montagne360 novembre 2019