Perché solo i poeti e gli scrittori invocano i suoni della natura? Forse perché il loro compito è ricordarci che i suoni naturali migliorano la vita. Non della natura, badate bene. Ma naturali. Niente fabbriche, niente macchinari, niente auto, niente traffico. Nessun martello che batte o ferro che stride, bensì suoni naturali come il cigolìo di un legno, il fruscìo delle foglie solleticate dal vento, il richiamo ciclico e musicale di un uccellino. Purtroppo oggi c’è chi interpreta questi segnali come la banalità stereotipata del bello. Eppure è a quella musica naturale che è stato abituato il nostro orecchio. Non alla meccanica, al caos, ai decibel sempre un po’ sopra la media. Quando non vogliamo vedere ciò che ci disturba o ci disgusta basta chiudere gli occhi e la luce si spegne, ma in assenza di palpebre è ben più difficile arginare le continue e ripetute sollecitazioni cui è costretto il nostro udito. Anche in questo caso è una questione di educazione e cultura. È proprio quello che il mondo ha provato a ricordarci il 25 aprile scorso in occasione della giornata contro il rumore. Si tratta della 23esima edizione di quella che, ufficialmente, si chiama “International noise awareness day”. Ovvero “Giornata internazionale di sensibilizzazione al rumore”. Anche le traduzioni sono importanti perché nelle parole è racchiusa l’essenza del messaggio, che in questo caso trasforma la contrarietà a qualcosa (il rumore) in un percorso di consapevolezza e conoscenza (cioè sensibilizzando sul problema dell’inquinamento, sul rispet- to per la natura, sugli stili di vita corretti e sostenibili). Purtroppo la strada è ancora lunga. Se il Marcovaldo di Italo Calvino in quella famosa mattina fu svegliato dal silenzio (La città smarrita nella neve) è solo perché siamo fin troppo abituati al caos da non accorgerci neppure quanto tutto questo possa incidere negativamente sulle nostre esistenze. Siamo così assuefatti al rumore che solo in sua assenza ci rendiamo conto di come sarebbe la vita senza tutto quel frastuono. Difendere il suono del silenzio, però, non è solo una scelta prosaica per alimentare narrazioni positive sulla montagna. L’esposizione prolungata a livelli di decibel troppo elevati ha effetti negativi anche sulla salute (frequenza cardiaca, pressione, sistema nervoso). In un rapporto dell’Oms sui maggiori rischi ambientali, al secondo posto c’era proprio il rumore. È da queste premesse che nasce la campagna “Puzza di rumore!” – sembra pensato apposta per le moto sui sentieri – promossa da Cercle Bruit, Associazione traffico e ambiente, Società svizzera di acustica e Medici per l’ambiente. Per quanto ci si sforzi di educare i cittadini (a cominciare da quelli di domani, con percorsi e interventi mirati all’interno delle scuole) che il nostro udito sia predisposto alla percezione delle frequenze tipiche di un paesaggio naturale e non a quelle del traffico stradale – che è causa principale dell’inquinamento fonico – lo si apprende soprattutto con l’esperienza. E questo è vero anche per la fauna. Anche in montagna non si è esenti dal rischio. Abbiamo scritto e ribadito più volte quanto sia importante salvaguardare le Terre alte dall’inquinamento acustico. I numeri sono lì per dimostrarcelo. Uno studio sulle vallate alpine presentato in occasione della Giornata contro il rumore ci dice che senza i camion, sulla circolazione fra Biasca e Erstfeld, in Svizzera, il livello sonoro durante il giorno si ridurrebbe di ben 4 decibel mentre la riduzione del rumore percepito a ridosso dell’autostrada sarebbe del 20 per cento. Poi ci sono persone come Gordon Hampton. Lui, ecologo americano, è un cercatore di suoni naturali e di silenzi. Da 35 anni gira il mondo e con microfono alla mano e registra i “suoni dell’esistenza” minacciati dai rumori. Dice di aver trovato solo una cinquantina di luoghi non infestati da rumori prodotti dall’uomo. Nell’Olympic National Park (Washington) c’è uno degli ultimi luoghi silenziosi della terra. Lì, nel 2005, Hampton ha creato un santuario del silenzio, segnalato da una pietra rossa su un tronco di muschio. Anche noi abbiamo a cuore il suono del silenzio e continuiamo a pensare che le montagne – così come la nostra esistenza – devono essere protette dal rumore aggressivo della frenesia meccanica. Faccio mie le parole di Franco Michieli: “La durata al di fuori della fretta del mondo lascia spazio al silenzio; l’ascolto dell’impercettibile permette il rivelarsi del profondo” (Andare per silenzi, Sperling & Kupfer, 2018). Un profondo che ciascuno di noi trova tra lo scricchiolìo del fogliame secco sotto lo scarpone, il ciottolìo dei sassi, il mormorio dell’acqua dei torrenti o rivolgendo lo sguardo al silenzio luminoso di una stellata in una notte in quota.
Peak & Tip, Montagne360 giugno 2018
PUBBLICAZIONI
- ARTICOLI (77)
- COMUNICAZIONE DEL RISCHIO (2)
- EVENTI (2)
- MONTAGNA (1)
- PASOCIAL (2)
- PODCAST (2)
- PROTEZIONE CIVILE (6)
- VIDEO (2)