«Me sa che ‘ste indagini c’hanno gli occhi azzurri. E pure la tonaca…». È solo una battuta delle tante ascoltate in tv. Eppure in queste parole che più di una volta ha pronunciato Flavio Insinna – indossando però i panni del capitano dei carabinieri Anceschi – c’è riassunta l’essenza della rappresentazione della montagna che accomuna la maggior parte del- le serie televisive. Ovvero crimini e risate. Un concetto che scritto così, brutalmente, potrebbe apparire come un’eccessiva banalizzazione e non un’analisi critica. In verità credo che i fatti siano questi, né più né meno. Ma ci sono aspetti correlati di non poco conto, come ad esempio la (sovra)esposizione delle ambientazioni al grande pubblico e il conseguente impatto sul turismo dei territori. E poi c’è la domanda che più di altre meriterebbe una meditata e condivisa riflessione: se questa è la percezione comune più diffusa, quale idea della montagna potranno mai avere coloro che non la frequentano o non la conoscono?. Negli ultimi anni si sono moltiplicati i prodotti televisivi e cinematografici che scelgono i monti come scenografia naturale. Ma al di là di docufilm o bio- grafie che raccontano la realtà, tutto il resto è fiction. Una scrittura d’invenzione che colloca crimini e omicidi in borghi o in piccole città d’alta quota, tra i boschi o sulla neve. Forse la scelta di produttori e sceneggiatori è figlia di un antico retaggio visivo che associa questi luoghi alle atmosfere dell’Overlook Hotel di Shining di Stanley Kubrick. Del resto quell’albergo isolato tra le montagne del Colorado ha terrorizzato ben più di una generazione. Oggi, però, la narrazione televisiva parla d’altro. Utilizza un linguaggio più semplice. E, pur non rinunciando agli omicidi, costruisce storie sospese tra crime e comedy. In uno zapping immaginario sui canali in chiaro – sì, quelli che non necessitano di abbonamenti e che non si vedono in streaming, ma sul caro e vecchio televisore – ci imbattiamo in Don Matteo. Da Gubbio a Spoleto, il Padre Brown all’italiana ha cambiato città senza mai lasciare l’Umbria. Ancora crimini, ancora indagini, ancora finali con la morale. E tutto si ripete ciclico, stagione dopo stagione, da ben dodici anni. Solito schema narrativo, una relativa alternanza di personaggi caratterizzati e battute ironiche inframezzate da piccoli aforismi virtuosi. E i rilievi appenninici sono lì, silenziosi, a far da sfondo a tutto questo. Non passa però inosservata, e i dati lo dimostrano: nella Spoleto più volte colpita dal terremoto, la ‘presenza’ di Don Matteo ha fatto registrare un record di presenze. Nel decennio precedente non si erano mai raggiunti numeri così elevati: da un semestre all’altro si registrano infatti crescite che superano anche il 30% rispetto all’anno precedente. Insomma, l’investigatore in tonaca non risolve solo i casi di omicidio, ma contribuisce anche a rafforzare le economie dei territori. È sempre Terence Hill a essere protagonista di un’altra serie tv: Un passo dal cielo. Negli ultimi anni è stato sostituito da Daniele Liotti. Ma i due attori, in comune, hanno il ruolo interpretato: rappresentano infatti il corpo forestale. Stavolta la montagna è più presente, sia nelle immagini sia nella scelta rappresentativa delle location (il lago di Braies sulle Dolomiti) che riflettono entrambe l’anima dei personaggi. Ma se la montagna in Don Matteo è solo una collocazione geografica di sfondo, Un passo dal cielo assume invece significati più intimi, la Valle d’Aosta del commissario Rocco Schiavone – interpretato da Marco Giallini; storie tratte dai romanzi gialli di Antonio Manzini – mette in luce i contrasti del cittadino romano catapultato in un contesto sociale e ambientale completamente diverso da quello conosciuto nella capitale. E così, tra le altre cose, lo vediamo lamentarsi del freddo o camminare sulla neve con indosso un paio di vecchie Clarks. Ma se in tutte queste serie televisive italiane la montagna è presente all’interno della trama, le produzioni estere sembrano voler colpire l’immaginario più con il titolo (come nel caso della longeva serie austriaca SOKO – Misteri tra le montagne, trasmessa da Paramount Network) che con l’immaginario. Ancora una volta abbiamo a che fare con i crimini, ma il piccolo paesino in cui si svolgono le storie è ambientato tra le montagne di Kitzbühel, in Tirolo. Insomma, nelle serie televisive crime sembra che in montagna si compiano continuamente omicidi. Un po’ come accadeva nel giro di relazioni della Signora in giallo Jessica Fletcher. E oltre l’immaginazione, a trarne beneficio è il turismo che richiama fiumi di appassionati. Proprio come accade con il Trono di spade in Islanda, Croazia e Irlanda del Nord.
Peak & Tip, Montagne360 marzo 2020