Se per Rino Gaetano il cielo è sempre più blu, per gli scienziati svizzeri le Alpi sono sempre più verdi. Purtroppo la differenza tra licenza poetica e narrazione della realtà, qua si manifesta in tutta la sua evidenza. Quella di cui si parla non è solo una variazione cromatica, che poi di per sé sarebbe già preoccupante: il verde, infatti, ruba spazio al bianco. Non in una virtuale tavolozza di colore, ma sulle nostre montagne. Quindi, tradotto, aumenta la vegetazione a discapito della neve. A un primissimo e sbadato approccio, questo dato forse non appare allarmante, e invece ci sono buoni e validi motivi per preoccuparsi. Di fatto la variazione di colore – con tutto quello che ne consegue – non è affatto una buona notizia. E ora ci risiamo, eccoci di nuovo qua, ancora sugli stessi argomenti ma con un dato scientifico difficile da contestare e utile per comprendere quale sia la direzione in cui stiamo andando. La ricerca in questione è stata condotta dalle università svizzere di Losanna e Basilea, che lavorando insieme a colleghi ricercatori in Finlandia e nei Paesi Bassi hanno preso in considerazione (e studiato) i dati satellitari ad alta risoluzione dalla metà degli anni Ottanta del secolo scorso fino a oggi. Attraverso l’analisi dei dati hanno studiato il cambiamento del manto nevoso e della vegetazione sulle Alpi. I risultati? Preoccupanti: la biomassa vegetale al di sopra del limite del bosco è aumentata del 77%. Questo fenomeno di “inverdimento”, si legge nella ricerca, dovuto al cambiamento climatico è già ben documentato nell’Artico e inizia a essere rilevato anche in montagna. L’aumento di biomassa vegetale è dovuto soprattutto alle variazioni delle precipitazioni e all’aumento delle temperature. Le piante alpine si sono adattate a condizioni difficili, ma non sono molto competitive e, spiegano i ricercatori, con il mutare delle condizioni ambientali, queste specie specializzate perdono il loro vantaggio e vengono superate. Per questa ragione «la biodiversità delle Alpi è a rischio. La portata di tale cambiamento si è rivelata assolutamente enorme», spiega Sabine Rumpf, una delle autrici principali della ricerca, poi pubblicata su Science e infine ripresa da moltissimi media internazionali. Qual è il punto, e perché questa non è una buona notizia? Di fatto nelle aree di montagna il riscaldamento è raddoppiato rispetto ad altre zone, e la fusione glaciale con il ritiro dei ghiacciai ne sono prova.
Nei trentasette anni presi in considerazione, i ricercatori e le ricercatrici hanno riscontrato una diminuzione significativa del manto nevoso in quasi il 10% dell’area analizzata. Qualcuno potrebbe pensare che sia una percentuale non troppo preoccupante. E invece non è così, ci dice la scienza. «Prima d’ora le analisi dei dati satellitari non avevano identificato alcuna tendenza del genere. Forse perché la risoluzione delle immagini era insufficiente o perché i periodi considerati erano troppo brevi», spiega Antoine Guisan, uno dei due autori senior dello studio. Sulla base dei dati satellitari, è possibile distinguere se una determinata area è innevata o meno, ma non consente di trarre conclusioni sull’altezza della neve. Tuttavia «per anni le misurazioni locali a terra hanno mostrato una diminuzione dell’altezza della neve a basse quote», aggiunge Grégoire Mariéthoz, l’altro autore senior della ricerca. «Questa diminuzione ha già fatto sì che alcune aree siano diventate in gran parte prive di neve». Da quello che emerge dallo studio delle università svizzere il passaggio progressivo dal bianco al verde segnerebbe però un punto di non ritorno. Secondo Sabine Rumpf «le montagne più verdi riflettono meno luce solare e quindi portano a un ulteriore riscaldamento e, di conseguenza, a un ulteriore restringimento del manto nevoso riflettente». Questa ricerca aggiunge un ulteriore tassello alla nostra conoscenza degli effetti del riscaldamento globale sulla montagna, e ci spinge a continuare nelle attività di contrasto che devono essere comuni e fatte di azioni coerenti tra loro.
Infine, concedetemi una divagazione del tutto personale che viene dal cuore, ma la prospettiva che le montagne saranno sempre più verdi e meno bianche bé a me provoca anche una specie di spaesamento sentimentale.
Peak & Tip, Montagne360 ottobre 2022