Vista e visione. C’è una differenza sostanziale tra questi due sostantivi che, quando usati, stimolano il nostro immaginario. Spesso, raggiunta una vetta o una mèta, ci stupiamo per quella «vista meravigliosa» che la natura ci regala. È un dono prezioso e a volte esclusivo. Perché quei panorami ci si aprono di fronte agli occhi dopo un percorso conquistato con i nostri muscoli, spendendo sudore e piacevole fatica. Tra i cinque sensi, la vista è quella che ci regala la luce. La fa penetrare. Calda, immensa, delicata. È questa capacità di guardare che noi chiamiamo legittimamente visione. Ma è su questo termine – e sul senso figurato del suo significato – che stavolta desidero porre l’accento. Perché quando parliamo di montagna siamo sempre molto attenti a ciò che vediamo, ma raramente riusciamo davvero a mettere a fuoco la visione d’insieme. Parlo di prospettive, di idee, di progettualità che riguardano territori estesi che non possono essere arginati e stretti nei confini amministrativi. Sì, la montagna non nasce per essere segnata da limiti e frontiere. Fortunatamente le nuove ipotesi di sviluppo su cui sono state avviate riflessioni (e azioni) per stimolare e ravvivare l’economia delle Terre alte partono proprio da questo assunto. Penso, ad esempio, alla valorizzazione dei cammini storici, cui il Cai ha recentemente dedicato il convegno “A piedi nella storia. Itinerari transappenninici e sviluppo dei territori montani”. Un appuntamento di cui parliamo anche all’interno del CaiLine e che è stato organizzato dai gruppi regionali di Toscana ed Emilia Romagna. Attorno a quel tavolo si sono seduti anche i due assessori regionali all’ambiente, Federica Fratoni e Paola Gazzolo. Negli interventi si è parlato di economie, servizi, territori (solo pochi mesi fa, per dimostrare l’attenzione al tema, la Toscana ha organizzato a Firenze gli stati generali della montagna). Entrambe, al di là di ciò che le leggi concedono, hanno espresso anche un secco «no» politico all’utilizzo dei mezzi a motore sui sentieri. Un buon segno. Mentre sul nuovo impianto di risalita della Doganaccia la posizione della Regione Toscana resta purtroppo favorevole. Ma ciò che più conta, pensando a quel contesto, è stato il fatto che le due Regioni fossero sedute accanto ai parchi e alle realtà economiche, tutti dalla stessa parte. Così è stato, così dovrebbe sempre essere. Del resto l’Appennino tosco-emiliano lo si chiama così non a caso. Tra queste terre ci sono legami naturalistici, fisici e storici imprescindibili e indivisibili. Da Matilde di Canossa alla Linea Gotica, ecco che la storia si traduce in cammini che rappresentano cerniere e non barriere. Ed è proprio attorno a questi collegamenti che le Regioni e le amministrazioni locali devono far sistema sostenendo e incentivando la valorizzazione delle risorse (anche economiche) della montagna. Perché, nonostante il fenomeno dei ritornanti e la nascita di nuove cooperative di comunità, le Terre alte si stanno spopolando. Ma c’è un dato in controtendenza: anche se diminuiscono gli abitanti, seppur di poco il Pil è in aumento. Un motivo in più — non che ce ne fosse davvero bisogno — per capire che sì, è bene investire su una pianificazione di progetti comuni in un territorio esteso. Perché questa è anche la proposta dei due Gruppi regionali Cai: lo sviluppo dell’Appennino deve superare l’ottica del confine amministrativo. Una prospettiva per la costruzione del futuro che però si compie nel presente. E in questa dinamica virtuosa occorre riconoscere anche una funzione determinante ai Parchi, che potrebbero assumere il ruolo di facilitatori. Se così fosse, potremmo assistere anche al moltiplicarsi di storie come quelle di Giuseppe (che ha rilevato l’azienda agricola di suo nonno a 1300 metri d’altezza, sulle montagne pistoiesi), di Franco (che nel Mugello gestisce un affittacamere facendosi promotore del turismo lento) o di Bar- bara (che, dopo la laurea conseguita alla Normale di Pisa, oggi si occupa di castagne e di ospitalità diffusa in Lunigiana). Ecco, senza rinunciare alla vista cerchiano di investire su queste visioni.
Peak & Tip, Montagne360 gennaio 2018